Occhiali

Occhiali

Gli occhiali sono delle protesi esterne, presidio medico oculistico, composto da una montatura e da due lenti atte a correggere alterazioni della vista dovute a vizi refrattivi (come miopia, astigmatismo, ipermetropia e presbiopia) o a insufficienze nella funzionalità oculare.

Seneca pare indicare nelle sfere di vetro un mezzo per ingrandire le immagini. Plinio scrive che Neronem principem gladiatorum pugnas spectasse smaragdo, che da taluni è intesa come testimonianza dell’uso, da parte di Nerone, di uno smeraldo a fini ottici durante i giochi gladiatori. I primi documenti sicuramente veri e ancora esistenti intorno a questa invenzione sono localizzabili in Veneto, in particolare a Treviso all’interno della Sala del Capitolo del convento domenicano della chiesa di San Nicolò, a partire dal dipinto del cardinale Ugone di Provenza eseguito da Tommaso da Modena nel 1352. Questo affresco è una delle prime testimonianze dell’uso degli occhiali.[1][2]

Già dal 1100 la Serenissima, cogliendo l’importanza di mantenere segreta l’arte della produzione del vetro, confinò le fornaci sull’isola di Murano con la scusa della pericolosità di queste nell’ambito di una città costruita prevalentemente con il legname del Cadore e della Carnia, e pertanto vietava espressamente ogni fonte di traffico a forestieri e veneziani sia interna che esterna. Si evidenzia perciò che la produzione di lenti a Venezia era oramai fortemente presente.

Nei Capitolari delle Arti Veneziane del 1284 si distinguono gli occhiali (roidi da ogli) dalle lenti d’ingrandimento (lapides ad legendum), e si prevedono pene per chi fabbrica occhiali in vetro: significa che l’arte di costruirli non è recente, poiché solo un’arte consolidata è remunerativa in maniera tale da giustificare una contraffazione.

È probabile che qualche cristalliere spinto dal basso prezzo del vetro e dalla maggior facilità di lavorazione commerciasse questo spacciandolo per cristallo. Particolarmente importante per la nostra ricostruzione risulta il Capitolare del 2 aprile 1300, dove al capitolo XL(40) vengono indicati una serie di oggetti tra i quali figurano le lenti d’ingrandimento e per la prima volta le lenti per occhiali (roidi de botacelis et da ogli e lapides ad legendum). Faranno seguito un nuovo capitolare nel 1301 e successivi fino al 1330, passando dal latino al volgare e assumendo la dizione: rodoli de vero per ogli per lezer.

Il 23 febbraio del 1305 si registra una predica presso la chiesa di Santa Maria Novella in Firenze (consultabile nei codici Riccardiani, Ashburnhamiano e Palatino), in cui il domenicano beato Giordano da Pisa o Rivalto comunica al popolo che non è ancora venti anni che si trovò l’arte di fare gli occhiali che fanno vedere bene, ch’è una delle migliori arti e delle più necessarie che ‘l mondo abbia, ed è così poco che si trovò: arte novella che mai non fu… io vidi colui, che prima le trovò, e fece e favellaigli. Di qualche anno dopo è il documento della Cronaca del convento domenicano di Santa Caterina (Pisa), ove risiedeva il beato Giordano, in cui si ricorda frate Alessandro della Spina, morto nel 1313, modesto e buono, il quale quello che fatto vedeva sapeva egli rifare. Gli occhiali (ocularia) che altri per primo aveva fatto e non voleva comunicarne il segreto, fece egli ed a tutti comunicò lieto (ylari) e volonteroso.

Questi due documenti saranno il principio di un falso seicentesco ad opera di Ferdinando Leopoldo Del Migliore nel suo libro del 1684 Firenze città nobilissima illustrata per campanilismo attribuirà l’invenzione degli occhiali a un fiorentino, tale Salvino degli Armati. Il falso fu smascherato da Isidoro del Lungo (in Arch. Stor. It. LXXVIII, 1920 La vicenda di un’impostura erudita) e Alessandro Volpi, accademico della Crusca, nel 1909.[5]

La probabile verità fu che Giordano da Rivalto, presi i voti nel 1280 presso il convento di Santa Caterina, si trasferì a Bologna per approfondire i suoi studi prima di raggiungere Parigi, dalla quale rientrò nel 1302. Durante il soggiorno a Bologna ebbe modo di conoscere i confratelli veneziani che avevano la loro sede nel cuore pulsante della città, presso la chiesa di San Giacometto a Rialto, ed ebbe modo di conoscere e parlare a colui che inventò l’occhiale ma non di conoscerne il segreto della produzione, in quanto vietatissimo dalla Serenissima. Al suo rientro a Pisa il beato Giordano aveva 40 anni (si apprestava pertanto all’età della presbiopia), e frate Alessandro, visto un paio di questi portato dal beato Giordano, fu capace di riprodurli, e perciò fu il primo a divulgare in Toscana l’arte della costruzione degli occhiali.[senza fonte] ,

Gli occhiali furono un miglioramento rispetto alle lenti di ingrandimento, poiché permettono di vedere nitidamente gli oggetti nella loro dimensione reale. I primi occhiali si appoggiavano direttamente sul naso, come una sorta di pince-nez: le stanghette laterali, poggiate alle tempie e alle orecchie, comparvero intorno alla metà del XVIII secolo.[6]

I primi occhiali, dotati di lenti convesse, rimediavano alla presbiopia (la difficoltà a mettere a fuoco da vicino). La loro diffusione a partire dal XIV secolo ebbe anche conseguenze sull’economia: infatti permise l’allungamento della vita lavorativa di tutti coloro le cui attività richiedono una buona vista da vicino. Dopo i 40 anni, molte persone iniziano a soffrire di presbiopia, e ciò rende difficile o impossibile svolgere attività come leggere, scrivere, costruire piccoli oggetti e strumenti di precisione, cucire o ricamare. L’uso degli occhiali permette di rimediare al difetto visivo, e di continuare a svolgere attività di questo tipo fino ad età avanzata. Inoltre la possibilità di usare gli occhiali incoraggiò l’invenzione di strumenti di precisione, e lo studio e la produzione delle lenti favorì lo sviluppo dell’ottica.[7]

L’applicazione razionale di questo ausilio si deve a Franciscus Donders, oftalmologo olandese, che per primo prescrisse lenti con potere corrispondente alla correzione del difetto visivo.

La prima industrializzazione dell’occhiale, in Italia, avvenne nel 1878 per opera di Angelo Frescura che aprì la fabbrica a Calalzo di Cadore, dando inizio a quello che è diventato il distretto industriale dell’occhiale.

Caratteristiche tecniche

Se dotati di lente abbrunata (più comunemente detta “filtro”), vengono chiamati “occhiali da sole“. Quelli in commercio in Italia devono riportare obbligatoriamente il marchio CE seguito dall’indicazione della categoria di protezione (che va da zero a quattro, a volte indicata con degli asterischi) che indica il livello di attenuazione della luce indotto dal filtro nel campo del visibile. I filtri di categoria 4 non sono adatti alla guida. La dicitura “UV 400” sta ad indicare che la trasmittanza dei raggi UVA e UVB rispetta la normativa vigente.

Esistono in commercio numerosi casi di contraffazione dei marchi di garanzia, ed è bene ricordare che occhiali da sole di bassa qualità, specie se usati in condizioni estreme (come sui ghiacciai o in alta quota), possono generare gravi danni alla retina o portare alla cecità temporanea.

La visione nitida si ha solo se l’occhio guarda nel centro della lente perché la periferia della stessa distorce le immagini: le comuni lenti negative rimpiccioliscono le immagini e il campo visivo è limitato dalla montatura. Il soggetto miope è costretto per vedere bene di lato a girare la testa, per cui i muscoli del collo molto più che i muscoli estrinseci dell’occhio intervengono sui movimenti.

Alcuni occhiali forniti di lenti speciali (diversamente colorate o polarizzate, oppure a “LCD shutter”) consentono una visione tridimensionale di immagini bidimensionali (stereoscopia).

Gli occhiali con fori stenopeici sono utilizzati dagli oculisti per il trattamento di alcuni difetti visivi, facendoli alternare per alcune ore ai comuni occhiali da vista.

Esistono poi altre tipologie di occhiali come occhiali da saldatore, occhiali da giardiniere, occhiale da sub, occhiale da nuotatore con caratteristiche idonee alla tipologia d’uso.

Importanza dell’igiene

Se gli occhiali non sono puliti adeguatamente, possono formarsi nel tempo depositi che sono il terreno di coltura ideale, un “collante” per lo sviluppo di colonie di microrganismi patogeni, quali funghi e batteri, che si moltiplicano velocemente e quindi possono provocare infezioni oculari.

Esiste una flora batterica di funghi e batteri che normalmente vivono nell’occhio sano. I microrganismi patogeni, che crescono nell’occhiale o nella lente a contatto sporca, si propagano per via aerea e possono giungere a contatto della cornea, fino a provocare una cheratite.

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